L'antica via del Carrugio
Da ricerche di Francesco Torchia
Il primo passo nella realizzazione di una strada era lo studio del terreno, gli ostacoli da superare e la pendenza. Si cercava di prevedere tracciati piùttosto rettilinei e con una buona sistemazione idraulica per regimazione delle acque meteoriche. Lo studio dei tracciati era finalizzato sempre a reperire siti pianeggianti o poco impervi e con modeste tortuosità e non solcati da terreni argillosi che ne avrebbero potuto compromettere la stabilità.
Le vie poderali erano della larghezza, secondo le vecchie misure, di una canna oppure di 10 palmi e dovevano consentire il passaggio dei “paricchju mpajatu”, dei muli e degli asini a pieno carico. La sistemazione e l’individuazione del tracciato obbediva quindi alle necessità di garantire i trasporti di materiali dell’agricoltura e dell’edilizia oltre che del transito degli animali da lavoro.
Nel 1810 le distanze ufficiali delle strade più importanti nella valle del Savuto e nelle zone limitrofe erano: da Cosenza a Scigliano m. 19, sino a Vibo m. 57; da Scigliano a Nicastro m. 17, ad Amantea 20 m, a Castiglione m. 20. In ogni epoca la bontà di una strada è sempre stata legata al tempo impiegato a collegare due o più siti. Minore era il tempo che si impiegava, maggiore era l’importanza della strada.
Il commercio interno che consisteva specialmente in quello dell’olio, del grano, delle patate e di altre derrate alimentari, si svolgeva solo ed esclusivamente a mezzo di animali da soma ed in particolare dei muli. I principali proprietari terrieri tenevano un gran numero di muli che spedivano nei paesi vicini carichi di derrate nei luoghi ove esercitavano i loro traffici. Da due a tre muli attaccati l’uno dopo l’altro per poter camminare negli angusti sentieri. Dal numero dei muli si misurava l’agiatezza del proprietario.
Gli spostamenti tra i vari centri erano frequenti e si cercava di viaggiare solo nelle stagioni meno piovose dell’anno. Le strade si denominavano sentieri mulattiere i quali seguivano le naturali irregolarità della superficie del terreno e venivano in qualche modo spianate al fine di consentirne la regolare fruizione con la costruzione di muretti a secco sulle varie controripe.
La romanizzazione dell’Italia meridionale avvenne grazie a due strade di penetrazione: La Via Appia e la Via Regio-Capuam. Questa assicurava a Roma da Capua fino a Regio il dominio della Campania, della Lucania e del Bruzio, consentiva inoltre il controllo militare e la penetrazione economica nel sud Italia. Le strade erano inoltre importanti per il controllo dei confini, per lo spostamento delle truppe e per la urbanizzazione dei territori.
Alla definitiva sconfitta di Pirro, Re dell'Epiro, i romani formarono la federazione italica a condizione che, e con l'obbligo di provvedere al loro sostentamento, in ognuno di esse sostassero postazioni militari. In un complessivo progetto di unificazione dell'intera penisola italiana, che era rafforzato dal programma di collegamento tramite una rete viaria molto estesa diffusa e capillare, le cosiddette vie consolari partivano da Roma fino a raggiungere anche il più remoto angolo del regno di Roma.
Cosi fu anche il Bruzio come era allora denominata la Calabria, con la costruzione della Via Popilia che nel 132 a.c. partendo da Capua attraversava Cosenza, passando per la zona di Scigliano ove l’attraversamento sul Savuto avveniva a mezzo del ponte denominato delle Fratte o di S. Angelo o di Annibale, che lo attraversò nel 202 a.c. e che effettuò alcune necessarie opere di ristrutturazione, ed arrivava a Reggio Calabria. Il ponte ad unica campata e con arco a tutto sesto, in pietra calcarea del luogo, resta un'opera di alta ingegneria, ancora integro e perfettamente visibile.
A sud di Martirano, oltre al passaggio della Via Romana, fu stabilita una stazione fluviale "ad Sabatum flumen", importante incrocio commerciale e presidio militare che si rivelò in seguito strategico per il passaggio obbligato delle truppe saracene che nel X secolo minacciavano le zone interne della Calabria. Da qui la rete viaria conduceva al fiume amato "statio ad turres" da dove alla volta di Vibona portava a Reggio Calabria("Martirano memorie storiche" di Francesco Mendicino).
In territorio di Nocera ed a valle della Serra vi è posta una mulattiera che prosegue verso il territorio di San Mango nel vallone Stregone da sempre denominata Via di Annibale. Lungo la zona costiera sin dall’antichità esisteva una strada litoranea di importanza minore rispetto alla Via Popilia e denominata Traiana o Tirrenica. L’arteria partiva da Pestum, toccava Velia e si incrociava nella Popilia a nord di Vibo Valentia dove la grande arteria raggiungeva il mare. Nelle nostre zone, da Amantea passava per Temesa oltrepassava il Savuto presso la gola di Portavecchia nella zona in cui il greto del fiume era largo circa 100 mt. e che dal 1600 si denominava Ponte di Fra Guglielmo e dopo proseguiva per la mulattiera del Livito che saliva verso Porta Vecchia, e da qui verso Castiglione attraverso il tracciato della mulattiera Appia.
Non si hanno
notizie certe sul tracciato della Via Popilia nelle nostre zone. Taluni come
itinerario preferenziale ne individuano il traccitato sulla congiungente
Scigliano-Nicastro. In mancanza di dati concreti ogni ipotesi posta a base
del nostro ragionamento è valida. Quella che noi prendiamo in considerazione
è basata sul presupposto che se si appalesano talune congetture al termine
del ragionamento non può non darsi fondata consistenza a quanto ipotizzato.
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Se si da per certo che il Savuto un tempo era navigabile, è ciò è confermato
da innumerevoli fonti storiche, infatti da più parti si legge che i tronchi
di abete silani che toccavano il cielo ed erano per ciò adatti per
allestimenti navali ed ogni altro genere di edificazione, venivano tagliati
e spediti ai porti più vicini a mezzo di trasporto nel fiume Savuto che
aveva una imponente massa di acqua alta circa 4 metri e quindi assolutamente
idoneo al trasporto dei tronchi della Sila fino al Tirreno.
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Se è vero che Martirano l’antica Mamertum un tempo era uno dei centri abitati più
importanti tra quelli della zona (episodi eroici dei combattenti abitanti di Martirano
sono ricordati durante la battaglia contro Pirro che marciava alla
conquista di Roma, al quale opposero una memorabile resistenza nella
battaglia avvenuta nei pressi di Decollatura, nel suo avanzare con al
seguito gli elefanti nel tragitto e nel territorio tra Nicastro e Martirano)
e quindi la sua ubicazione doveva costituire un sito militarmente sicuro e
dal quale si effettuava un florido commercio verso i centri
dell’entroterra e quelli costieri;
- Se ancora oggi in occasione di scavi
profondi si rinvengono nelle campagne della zona destre nel territorio di
San Mango e sulla vallata destra del Casale, i resti di un antico acquedotto
che si sogliono definirsi le tubazioni dell’acquedotto dell’antica Terina e
che tale acquedotto per la sua lunghezza durante il suo utilizzo necessitava
necessariamente di riparazioni e quindi vi dovevano essere delle strade che
consentivano di percorrere il tracciato della tubazione. Di più l’essersi
ritrovato nel così detto Piano di Fabiano in territorio di San mango, come
nel 1829 scrive l’arciprete Ferrari, “un vasto e antichissimo Cimitero
moltissimi sepolcri particolari, allorchè il sig: Gatti fece quivi la vigna,
levasi maggiormente tal monumento, altro parlante documento dimostrante che
Fabiano ad antiquo abbia appartenuto ad un Demanio e si desumere di
essere stato della distrutta Citta di Tirena, perché vicinissima a tal
territorio, onde comodissimo a farvi un Campo Santo. Gli operai ed altri che
per curiosità vollero vedere li detti sepolcri constatarono occorrendo la
verità del ritrovamento dei sepolcri ed antico cimitero”.
Negli anni intorno
al 1970 durante l’ampliamento della strada poderale “fabiano” che divide il territrorio di San Mango da quello di Nocera ed in località S. Aloi e nella
proprietà di tale Sposato Adolfo, i mezzi meccanici durante i lavori di
sterro portarono alla luce un antico notevole sepolcro e con all’interno una
miriade di reperti archeologici. Nella confusione generale e nel disordine
dello scavo ed anche per la manifesta impreparazione del personale presente
tutto il materiale rinvenuto è andato distrutto. Pietro Moraca che era
presente sul posto fece appena in tempo a recuperarne uno ed a nasconderlo
gelosamente come fa tutt’ora. Di recente il reperto consistente in una
lucerna è stato catalogato e censito dalla soprintendenza di Reggio Calabria e
datato intorno al 2500 A.C.. In genere la costruzioni di tale tipo di tombe
avveniva lungo tracciati strali importanti. Ed ancora la distanza in linea
retta tra Martirano e la zona di Tirena che è di circa 17 km che rettificata
con il coefficiente di correzione per le strade poderali rispetto ad una
linea retta immaginaria porta ad una distanza di circa 21, 22 km
percorribile di gran lena a piedi in circa tre ore e mezza;
tutto quanto premesso porta alla conclusione che il territorio di S.Mango in tempi remoti è stato attraversato da una strada principale di collegamento tra la zona costiera e la zona interna ove è posto Martirano, e la popolazione di Martirano non viveva certamente in uno stato di isolamento se è vero come è vero che da Scigliano passava l’antica via Popilia distante circa una ora di cammino.
Martirano fu visitata da Roberto il Guiscardo proveniente da Cosenza e per raggiungerlo non deve aver percorso strade di fortuna. Si ha notizia pure che il ribelle figlio di Federico II, trasferito dal castello di Nicastro a quello di Martirano, durante il percorso cadde da cavallo nel Savuto ove trovò la morte. E sulla direttrice Martirano-Nicastro non si trova alcun fiume Savuto. Quindi se il tracciato della Via Popilia lo si individua sulla direttrice Nicastro-Scigliano da questa doveva esistere gioco forza una diramazione su Martirano con prosecuzione verso la costa e collegamento anche con l’importante nucleo di Aiello. Nel territorio di San Mango ed a quota 250 sul l.m. e nelle zone di Piano del Milo, Mortilla, Buda, Pietra della Sella, Rizzo, Catusi vi è un antico sentiero stradale parallelo al Savuto che si è sempre nominato carruggio (ossia strada principale). Tale tracciato con pendenze irrisorie si sviluppa nel nostro territorio grossomodo sulla stessa curva di livello, ormai impraticabile, di larghezza tale da consentire agevolmente il transito a qualsiasi tipologia di animali od anche carretti. Si può supporre quindi, che tale strada un tempo abbia potuto costituire una importante diramazione della via Popila da Scigliano, dapprima sino a Martirano e da questo sino alla zona costiera raggiungibile in quattro, cinque ore di cammino. Tale strada si poteva utilizzare anche per la verifica della tubazione dell’antico acquedotto di Tirena che passava nel nostro territorio ed anche in quello di Martirano e nella vallata del Casale. L’ipotesi proposta vuole essere solo un umile e modesto contributo, che non intende esaurire l’argomento di trattazione.
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