IL TERREMOTO DEL 1783

Da ricerche di Francesco Torchia
 


Il 5 febbraio 1783 iniziò un periodo sismico, protrattosi per più di tre anni, che presentò 5 massimi di attività: 5, 6 e 7 febbraio, 1 e 28 marzo ed altre varie centinaia di scosse minori, che ebbero effetti cumulativi devastanti su un territorio di varie migliaia di chilometri quadrati. Il quadro complessivo dei danni fu vastissimo è di una gravità straordinaria: gli effetti distruttivi accompagnati da estesi sconvolgimenti degli assetti dei suoli e del sistema idrogeologico, interessarono una vasta area comprendente tutta la Calabria meridionale.

Si leggeva nell’Arcipretale chiesa di S.Giovanni Battista della città di Nocera.. alli cinque febbraro del 1783, giorno di mercoledì, ad ore diciannove e mezza.. iddio.. mandò il tremuoto così orrendo e spettacoloso che distrusse quasi tutta la provincia sottana di Calabria Ultra colla morte ancora di quarantaduemila persone, secondo l’appurate notizie, e rimasti alcuni paesi, sebbene franti e parti… in quest’anno siamo stati più di quindici giorni dentro una caligine di nuvole, non essendosi veduto né sole, né luna, ae qualche volta veduti accesi ed infuocati, che àn sembrato grondar sangue, fame lupina, venti impetuosi, incostanza dei tempi, infermità ed in specie nella città di Martorano, che ne sono morti più di 300, la gente resa così baldanzosa, ladra, rissosa, che nulla mai”. 

Si legge in un notiziario dell’epoca e relativo a Serrastretta: una parte di città o di case sprofondate, altre parti emerse, alberi ingoiati sino alle cime, alberi vicini sbarbicati e capovolti; e un monte aprirsi e i suoi versanti andare metà a destra e metà a sinistra dell'antica positura, la cresta scomparsa perdersi nel fondo della formata valle.

Si videro in alcune parti certe colline avvallarsi, altre franare… il terreno fesso in più parti formare voragini…l’acqua raccolta in bacini o fuggente mutare corso e stato. Nulla restò delle antiche forme nelle terre, nelle città nelle strade.

Intanto tutti rivolgendosi alla fede, votarono sacre offerte alla divinità e promettevano per l’avvenire atti di contrizione e penitenza.

Sembrava che tutto dovesse finire da un momento all’altro ed ognuno cercava conforto nella preghiera ed in atti di generosità.

Fu santificato nella settimana il mercoledì e nell’anno il 5 di febbraio….

 

Gli  anziani ci hanno tramandato una curiosa filastrocca che riguarda  il terremoto del 1783 

 

‘A canzuna ‘e Santu Tumasi 

Santu Tumasi, nuastru cittadinu,

tu de le petre ni nn’è guardare.

E ni nn’è de guardare de quintinu,

Santu Tumasi, nuostru cittadinu.

Nue ne mintimu sutta lu tue mantu,

Santu Tumasi, groliusu Santu.

Manna li terrimota e nun se menna,

mannali a peniare a ri priffunni.

A ri priffunni abissi c’è ‘na jorna

e chi cci jererà cce sta ‘n’eternu.

Dopu tri Creddi vidi fhare juornu,

Morte, giudiziu, paradisu, ‘mpiernu.

Lu ‘mpiernu nun sia mai ppe’ sipurtura,

Lu paradisu stadi apiertu ancora,

si ‘ud’era ppe’ Maria, la Gran Signora,

nue fhuossimu all’abissu all’ira fhore.

All’ira fhore gridariamu fhorte

si Maria’u ffacìa li nuostri parti

 

Al primo momento di stupore e di dolore, subentrò l’intenzione di agire con prontezza e senza indugi: Ferdinando IV nominò suo Vicario Generale per le due Calabrie il tenente generale Francesco Pignatelli dei Principi di Strongoli, “ con ordine di recarsi in Calabria portando con sé danari, viveri , medicinali e personale tecnico.

Il Preside di Cosenza venne invitato a far pervenire a Monteleone ove era stato fissato il quartiere generale dei soccorsi, un bastimento carico di pece per i roghi dei cadaveri.

Le popolazioni decimate ed afflitte dai danni del terremoto dovettero subire anche i soprusi dei cadetti del Pignatelli: .. negli scavi delle rovine invece di dare aiuto ai moribondi e ai feriti, i cadetti non badavano che a rammassare per sé i danari e gli effetti preziosi: di più si abbandonavano tra le tende e le capanne al libertinaggio più obbrobrioso….

Il medico Giovanni Vivenzio nel suo  lavoro  del 1788 sui  terremoti calabri del febbraio-marzo 1784 descrive  a seguito di sopra luogo i vari comuni della Calabria interessati dai fenomeni sismici: "S. Mango: Il palazzo baronale inabitabile: cinque case in parte rovinate. Le rimanenti lesionate dove più dove meno. Il territorio è angusto e per le alluvioni del passato inverno soffrì danni considerevoli; Nocera: 7 case rovinate, 45 lesionate dove più dove meno. Le chiese e i conventi di S. Francesco d’Assisi e dei Cappuccini e degli agostiniani notabilmente sono patiti. Il paese è circondato da due fiumi i quali arrecarono gran danno al territorio nel passato inverno; Martorano: tantissime case inabitabili. Le chiese notabilmente lesionate. Il territorio si trova sconvolto e quasi perduto per alluvioni accadute nel passato inverno. I venti caldi sopraggiunti e la eminente e scoperta situazione della città anno prodotto nei principi dello scorso febbraio delle febbri putride per le quali hanno perduto la vita alcuni cittadini".

Il terremoto fu l’occasione per far conoscere al governo il grave stato di arretratezza e di abbandono della Calabria. Riferiva il Pignatelli: " I cappelli e galantuomini sono i tiranni dei villani e fatigatori delle campagna."

Questo enorme disastro rappresentò una occasione per tentare una ridistribuzione delle risorse, soprattutto della proprietà terriera. Si trattò di una complessa procedura di esproprio generalizzato dei beni che la chiesa possedeva in Calabria, programmata dal governo borbonico, nel mese di giugno del 1784, attraverso l’istituzione della Cassa Sacra. In pratica la gestione di tutti i beni confiscati si risolse in una vera e propria rapina organizzata  che andò a tutto vantaggio dei ceti abbienti e dei possessori di danaro. La cassa sacra ordinava l’accensione della candela, cioè l’asta, sui terreni delle chiese e dei conventi. Ma alle aste poteva partecipare soltanto la classe dei proprietari poiché i poveri non ne avevano i mezzi. Se le aste andavano deserte, si ricorreva ai fitti, e i fitti venivano concessi solo ai benestanti in grado di garantire la corresponsione puntuale delle somme. I poveri restavano più poveri e i ricchi divennero più ricchi.

Nell’interesse di provvedere alle condizioni statiche delle case sia pubbliche che private, fu ordinato agli ingegneri ed ai sindaci che le medesime fossero composte di un piano terreno e di un solo piano superiore e che l’altezza complessiva non eccedesse i 30 palmi (mt.7,50 circa ) e che prima che si fabbricassero le mura di esse si fosse costruita una intelaiatura di legname per garantire la stabilità degli edifici da probabili future scosse sismiche.