I FEUDI

Da ricerche storiche di Francesco Torchia

 

 

 

        Gli storici usano il termine 'Feudalesimo" per indicare l'organizzazione politica e sociale che si delineò nell'Europa occidentale durante l'alto Medioevo e giunse a sistema articolato e compiuto tra la fine del secolo 10° e del 13°.

        La parola feudalesimo derìva da 'Teudo", che alcuni fanno derivare dall'antico tedesco “Fee" (= ricompensa) e "od' (= possesso). li feudo era la terra che il signore dava in concessione (in beneficio) al vassallo. Tale concessione dava al feudatario l'uso del territorio con piena giurisdizione anche sulle persone, e con diritti praticamente illimitati.

        Verso il suo signore il feudatario aveva obblighi precisi. L'obbligo principale era quello di seguire il suo signore in guerra e dì fornirgli un certo numero di armati. Se non ottemperava a quest'obbligo, veniva dichiarato 'fellone" (traditore) e poteva essere privato del feudo. Ogni feudatario, poi, doveva pagare al suo signore alcuni tributi e fargli doni in particolari ricorrenze (Natale, Pasqua, ecc.). Se il signore veniva fatto prigioniero, il feudatario doveva riscattarlo; doveva provvedere a sistemare le strade in occasione del passaggio del signore; doveva fornire vettovaglie alle sue truppe quando attraversavano il suo feudo ecc.

        Come detto prima il feudo era dunque un bene o un diritto concesso dal signore al vassalo in cambio di servizi. Ben presto, però, il feudo finì con l'essere considerato un compenso che il signore concedeva per la fedeltà che il vassallo glì aveva  promessa o dimostrata. In un'epoca in cui ìl danaro era raro, la concessione di un feudo fu, dunque, utilizzata come uno stipendio, riservato quasi esclusivamente alla nobiltà.

        Il feudo comprendeva il demanio feudale (territori appartenenti alla Corona e dati in concessione al feudatario) e i beni burgensatici  (proprietà privata del feudatario, pertanto non soggetta a vincoli feudali) con tutti i diritti che il feudatario in essi poteva esercitare .
        Il Principe era proprietario nel paese di un palazzo ubicato di fronte alla Chiesa Madre, rione Chiesa, che conteneva al piano terreno le carceri baronali e posto a disposizione del Sig. Agente, suo rappresentante, e i relativi magazzini per custodire i prodotti provenienti dalle rendite feudali, una taverna adibita ad alloggio per i forestieri, a fienile e stalla per i cavalli dell'Agente e dei guardiani, e una vigna data in godimento all'Agente quale parziale compenso per il servizio che egli esercitava. Alla custodia del feudo provvedevano tre guardiani, ad essi venivano corrisposti 50 ducati oltre la fornitura di grano, di olio, di sale e di formaggio.

        I Principi d’aquino, come quasi tutti coloro che avevano feudi in Calabria, risiedevano a Napoli (dove c'era la Corte Regia) ed esercitavano i diritti feudali attraverso ufficiali di loro fiducia. La Corte locale era costituita dal Governatore rappresentante del Principe e residente ad Aiello. Egli, quale Giudice di prima istanza, aveva il compito di amministrare la giustizia civile, criminale e mista , nonché le cause derivanti dalla riscossione delle decime e dei legati pii.

        Il potere giurisdizionale del Governatore dapprima era limitato solo all'esame delle cause civili e dei piccoli reati; successivamente Alfonso I di Aragona (1411) concesse ai Baroni il mero e misto "imperio et gladii potestatem",  per tutto il periodo delle dominazioni aragonese, spagnola e austriaca il Governatore, quale rappresentante del feudatario, eccetto che nelle cause di diretta competenza dei Tribunali superiori, ebbe la potestà di emettere, per un gran numero di reati, pene che potevano anche arrivare all'estremo supplizio o alla confisca dei beni.

        Il Re Carlo III di Borbone limitò le attribuzioni del Governatore che poteva giudicare in materia criminale solo piccoli reati, conservando, rispetto a quelli più gravi, la funzione di polizia giudiziaria. In tema di giustizia venne istituito il cosi detto “Truglio”. Mediante il "truglio" le pene venivano ridotte, cancellate o commutate in servizio militare, a seconda del rilievo che la delazione assumeva nello sviluppo delle indagini. Un "truglio" venne istituito dalla "prammatica" dell’8 dicembre 1805, mentre con decreto del 22 aprile 1806 furono create quattro "commissioni giudiziali straordinarie" (con poteri limitati al successivo settembre) per giudicare sommariamente tutti i carcerati, purché non fossero accusati di reati "capitali"; un altro "truglio" venne consentito nel 1809. Il "truglio" eliminava il processo pubblico e affidava alla "convinzione intima della coscienza dei giudici" la soluzione del caso (è notevole questo precedente di fondare il giudizio sulla "convinzione intima" del giudice). Gli imputati avevano tuttavia facoltà di rinunziare al "truglio".

        Il Governatore nell'amministrazione della giustizia era assistito talvolta da un Consultore (generalmente il Governatore di un feudo vicino, che forniva parere legale e veniva pagato dalle parti interessate) e dal Mastrodatti (Magister Actorum) che, in qualità di Cancelliere, provvedeva all'autentica e alla pubblicazione delle sentenze, alla compilazione di tutti gli atti riguardanti la Corte locale e alla conservazione degli originali.

        Il Governatore, su richiesta dell'Università, doveva provvedere all'esazione forzata delle pene pecuniarie dei contravventori renitenti e all'esecuzione dei provvedimenti emanati dai Tribunali. Di norma doveva essere forestiero, veniva nominato annualmente dal feudatario e sottoposto, dopo l'anno di esercizio, al giudizio del sindacato di due probi cittadini nominati dall'Università, se ritenuto meritevole poteva essere riconfermato. Questo meccanismo, buono in se stesso, si prestava ad essere disatteso per l'estrema durezza con cui il Governatore esercitava il suo potere, appoggiato molto spesso da corrotti rappresentanti dell'Università. Egli, per l'esercizio delle sue competenze, godeva di esigui diritti giudiziali e della casa fornitagli dal feudatario. A causa degli scarsi introiti erano frequenti le concussioni e le estorsioni perpetrate ai danni del popolo.

        Nel feudo di Savuto il Governatore era rappresentato da un Luogotenente, detto anche Erario residente in loco, che aveva il compito di esigere i tributi, mantenere stretti contatti con i rappresentanti dell'Università, essere presente nei Parlamenti pubblici avvalendosi della collaborazione di un Mastrodatti. Per la notifica degli atti vi erano i serventi della Corte che fungevano da uscieri e da inservienti.

        La dominazione spagnola  durò sino al 1860. L’agricoltura dovette sopportare moltissime gabelle. Scoppiarono carestie e pestilenze. Le popolazioni assimilarono malvolentieri i costumi spagnoli, trasgredendo impunemente le leggi e divennero proprio dei terrori. Durante questo periodo si verificò l’arresto dello sviluppo economico e civile e la povera gente oppressa da sfruttamento, tasse gravose, soprusi, ipocrisie e servilismo. Essa era costretta a scappellaresi con devozione davanti ai nobili. Le tristi e miserabili condizioni di vita sono passate alla storia con la sintesi delle tre f:  festa, farina e forca.

        Nel 1734 Carlo III di Borbone, nel provvedimento di modifica dell'intero sistema di tassazione, previde che le rendite derivanti dai beni ecclesiastici, da sempre esenti da imposte, fossero tassate. In seguito al Concordato del 1741 le imposte vennero limitate ai soli beni che erano al di fuori del patrimonio sacro, e dimezzate per quelli acquisiti anteriormente a tale data.