Ricostruire in poche righe la
storia della terra in cui ha gravitato San Mango e di quelle limitrofe fino
al 1591, anno di acquisto del feudo di Savuto con le relative dipendenze da parte
di D. Carlo d’Aquino, è impresa tanto ardua quanto inutile. Appare più opportuno
delineare per grandi tratti le fasi salienti della storia, senza troppo
soffermarsi su nomi e continui "passaggi di proprietà. Intorno all’anno mille la
terra di San Mango propaggine della terra di Savuto e sino al 1591 ha fatto
parte dello Stato di Aiello, comprendente anche Lago, Serra Aiello, Cleto,
Laghitello e Savuto, la cui estensione era superiore ai 92 Kmq.
La storia di Aiello, come
d’altronde quella di tutta la Calabria, è caratterizzata da continue invasioni
straniere.
Le origini della cittadina
aiellese si perdono nella oscura notte dei tempi remoti. Tale fatto e'
spiegabile soprattutto con le innumerevoli dominazioni straniere, che da tempo
immemorabile trovarono stabile sede nella nostra fertile terra. Si inizia con
l’avvento dei greci e dei romani, per passare poi alle invasione dei
bizantini;ma questo non è che l’inizio. Per la sua posizione Aiello ha subito
diverse invasioni, ma mai riuscite, essendo arroccata su un costone da dove si
domina un bel paesaggio. Aiello si vuole fosse la mitica Tilesio, città
scomparsa, o, forse, Atheja che alcuni studiosi collocano nei pressi di Corica.
Secondo alcuni antichi scrittori, Aiello sarebbe stata originata dai profughi di
Tempesta o di Tillesium, mitiche citta' fondate dai Greci nel periodo delle
grandi migrazioni colonizzatrici in quella zona, che poi si disse Magna Grecia.
La nascita di Aiello potrebbe risalire agli ultimi anni del secolo decimo
dell'era cristiana, quando la cittadina dovette sostenere il tremendo urto di un
bellicoso popolo asiatico: i Saraceni, che, feroci eredi degli Arabi, andavano
scorrazzando per mari desolando le nostre belle riviere. Si sa che Aiello fu
sede vescovile fino all'anno 981 quando venne distrutta dai feroci saraceni. I
profughi di Tillesio sono stati attratti dal luogo dove sorge Aiello non solo
per il fatto che il sito garantiva ogni difesa, ma anche dall' amenità e dalla
bellezza del luogo stesso. In seguito alle incursioni di altri Musulmani, la
popolazione si disperse dando vita a tredici casali, a loro volta abbandonati
quando la situazione divenne più tranquilla. La prima documentazione
dell’esistenza di Aiello, tuttavia, risale al periodo dell’arrivo in Calabria
dei normanni (1059), periodo in cui la città inizia a diventare un centro
rilevante nello sviluppo sociale. Durante l'assedio del 1065, Ruggero il
Normanno vi perse due suoi congiunti, Roger figlio di Scolland ed il nipote
Gilbert, che furono sepolti nell'abbazia di Sant' Eufemia. Negli anni successivi
la conformazione urbanistica contribuiva a farla diventare una delle fortezze
più importanti del Regno.
Dopo la conquista, i normanni
cercarono di assicurarsi il dominio di tutta la regione, con la costruzione di
una linea di fortificazione o castelli, nei punti strategicamente più
importanti. Tra gli altri costruirono il castello di Aiello e Martirano a
guardia della valle del basso e medio Savuto. E anche da pensare che in tale
epoca fu costruito puranche il castello di Nocera sulla sommità che domina il
paese per sbarrare le vallate del Grande e del Rivale
Durante l’avvento dei normanni
(1087-1189) venne stabilita una nuova ripartizione delle diocesi. Il territorio
calabrese fu diviso in 25 diocesi. In tale contesto la diocesi di Amantea viene
soppressa ed aggregata a quella di Tropea. Nel 1088 Ruggero confermo alla chiesa
di Tropea il possesso di tutti beni mobili ed immobili, delle rendite e sei anni
dopo Lustego, primo vescovo latino, allargava i confini delle propria diocesi
fino ad Amantea. Da tale epoca il territorio di S. Mango e quello di Nocera e
sino al 1963 secolo furono aggregati alla diocesi di Tropea-Nicotera; Con
diploma del 10.11.1094, dopo aver ottenuto l’autorizzazione del papa urbano II,
Roberto il Guiscardo si premurò puranche di fare donazione alla mensa vescovile
di 1500 tomolate di terreno nominati “Spolitretto, Catusi, Pietramone, Destre e
Maletta” e siti in Terra di Nocera.
Nocera durante la dominazione
normanna restò un centro urbano demaniale. Nel 1240, però, Federico II, allo
scopo di ottenere il possesso dell’intero territorio di Nicastro, pensò di
compensare la feudataria Abbazia di S. Eufemia, con la cessione di altri
territori dipendenti dalla Corona siciliana e fra questi venne compresa la
terra di Nocera. Da tale epoca Nocera diventa feudo ecclesiastico alle
dipendenze dell’Abbazia benedettina di S. Eufemia.
La sua amena posizione strategica
rese Aiello sempre un centro ambito dalle varie potenze che si contesero la
supremazia della zona: subì le incursioni dei Saraceni, l’assedio normanno e la
denominazione angioina. Verso la fine del 1100 la Terra supera il suo ruolo di
centro strategico e nevralgico per divenire ancor di più un nodo strategico di
estrema importanza nello sviluppo sociale.
Enorme progresso che si acuisce
ancor di più con gli Hohenstaufen (Gli Svevi), vista la politica di Federico II.
Aiello sin dall’inizio si era schierata con gli Svevi (1189-1266), subendo però
alla loro caduta le feroci ritorsioni degli angioini ( 1266-1442). Sin
dall’avvento degli angioini venivano posti in ruoli strategici di responsabili i
propri seguaci. Nel 1221 è conte di Aiello Riccardo, fratello dell’arcivescovo
di Salerno, sotto la reggenza di Carlo I d’ Angiò. Nel 1265 troviamo Guglielmo
Usvardo come castellano di Aiello e comandante di una nutrita guarnigione di
soldati. Lodovico de Rojre e Guglielmo de Foresta ( già castellano di Cosenza e
possessore di Feroleto), entrambi capitani di guerra, sono i castellani di
Aiello e di Pietramala nel periodo 1271-1273. Nel 1321, vi appare addirittura il
fratello di Re Roberto, Giovanni conte di Gravina. E nel 1421 Luigi III di Angiò
nomina castellano e capitano Giovanni, conferendogli inoltre in feudo la città e
le dipendenze di Pietramala, Lago, Savutello. La dominazione angioina continua
fino all’avvento degli aragonesi.Battuto Manfredi a Benevento da Carlo d’ Angiò
nel 1266, finiva la dominazione Sveva ed iniziava quella Angioina. Il governo
Angioino fu caratterizzato da lotte interne e povertà. Essendo stata trasferita
la capitale da Palermo a Napoli, Carlo d’ Angiò fece una politica di oppressione
e sfruttamento nei confronti della Sicilia, causando gravi malcontenti che
sfociarono nell’insurrezione dei "Vespri" il 31 Marzo 1282. Venne coinvolto il
re Pietro III d’Aragona che poteva vantare diritti sul regno di Sicilia e
Napoli, avendo sposato Costanza figlia di Manfredi. Il feudo di Giovanni viene
ereditato dalla figlia Antonia, Dama della regina Giovanna II, e dal marito
Arturo Pappacoda e nel 1425 vengono vendute a Giovanni Sersale, proveniente
dalla nobile famiglia di Sorrento, con l’assenso di Luigi III tramite il suo
giudice e consigliere Antonio Telesio. Re Alfonso I d’Aragona nel 1442 conferma
la stirpe dei Sersale concedendo il feudo con le rispettive dipendenze ad
Antonio Sersale; in seguito subentrò il figlio Sansonetto Sersale il quale creò
non pochi problemi in quanto lo stesso si era reso responsabile di diverse
angherie a danno della popolazione e soprattutto perché aveva favorito gli
angioini nei loro tentativi di riconquista del regno, tanto che il re
personalmente dovette intervenire a proprio favore negli anni 1452 e 1453.
Sansonetto venne destituito dal possesso feudale dopo apposito processo dalla
carica per fellonia di Maestà lesa in quanto ribelle ed il 27 aprile 1463
Ferdinando I d’Aragona conferì i feudi Ajello e Savuto al Vicerè di Calabria,
benemerito Francisco (de) Siscar di Valencia, per la sua fedeltà ed i suoi
meriti nel sedare le rivolte di Cosenza del 1441 e dei Centelles 1444,
nominandolo contemporaneamente conte. Al viceregno risalgono le principali
strutture del Castello di Ajello. Tanto fu l’ attaccamento del Vicerè alla città
di Aiello che in accoglimento della sua volontà alla morte avvenuta nel 1480, le
sue spoglie vi trovarono perenne riposo. Durante il periodo del vicerè Siscar
in Aiello figurano nuove famiglie da annoverare tra i seguaci degli Aragonesi
come la famiglia romana Savelli da cui pare abbiano avuto origine i Giannuzzi.
Alla morte del vicerè Siscar, avvenuta il 1480, il feudo viene confermato Il di lui figlio Paolo.
Negli anni successivi prosegue la
signoria con Antonio I, figlio di Paolo, con suo figlio Alfonso, il figlio di
questi Antonio II, il figlio di quest’ ultimo Alfonso II, Fabio, Francesco,
Carlo, Giovanni. Nel 1589 dietro la morte di don Fabio Siscar, trovandosi la di
lui eredità gravata di debiti in 9000 ducati, fra i quali le doti della di lui
moglie Francesca Cunone passata in seconde nozze col Sig. Pompeo Sersale di
Cosenza, dal tutore di donna Fulvia Siscar, unica figlia di don Fabio si tenne
ricorso onde potersi vendere il feudo di Savuto.
Fu per ciò per ordine del S.R.C.
spedito in Calabria il dott. Francesco Madotti Tabulario napoletano a farne
l’apprezzo. La lunga e dettagliata relazione dello stesso fatta al SRC in data
25 giugno di detto anno è chiara abbastanza per chi conosce la corografia di
quel territorio, per non dar luogo ad equivoche interpretazioni. I terreni di
natura feudale, conosciuti sotto il nome di gabelle, tutte esistono alla riva
destra del fiume, ed in queste consiste quasi la totalità delle rendite
riportate in relazione.
Da un atto del 12 luglio del
1562 si evince che il feudo era passato al Regio tesoriere Ascanio Amoni, e che
la sua vedova Eliodora Sambiase lo aveva venduto a Don Fabrizio Pignatelli,
marchese di Cerchiara; L’ultima erede Siscar fu la contessa Diana Ventimiglia
(1574) e nello stesso anno il feudo e la contea di Ajello passò sotto la
dinastia dei Cybo – Malaspina di Massa, che ne fece acquisto per 38.000 ducati
da parte del principe Alberico ed il cui dominio durò fin oltre il 1.700.
I documenti di quegli anni ci
mostrano un singolare intreccio di interesi che gravitato sull’area di Aiello:
se da un lato il principe Cjbo è ormai padrone delle terre, vi è ancora un
Siscar, don Fabio, barone della Terra di Savuto, che vanta diritti fiscali quale
donatario della Diana Ventimiglia, ed i cui eredi nel 1587 regoleranno beni
feudali. Vi appaiono altri siscar: Diego, i suoi figli, Lucrezia, ed ancora nel
1657 in d. Antonio è conte di Aiello;
La famiglia Cybo contribuì a far
rifiorire lo Stato di Ajello e si concluse con Beatrice, ultima duchessa di
Ajello che morì nel 1829. Lo Stato di Ajello era in quegli anni composto da
Ajello stesso, da Lago, Laghitello, Serra e Terrati.Ebbe a subire danni
disastrosi dal terremoto del 1638; in quell' occasione, tra gli altri edifici,
venne distrutta la cinquecentesca chiesa di San Nicola. Il castello dei Siscar,
eretto nel sec. XV, di cui la stampa del Pacichelli mostra con eloquenza la sua
possente mole, è posto in cima all'abitato in posizione panoramica e strategica;
ha ponte elevatoio e cinque porte ferrate. Tra i resti che vi rimangono
superstiti alle erosioni del tempo e all'incuria degli uomini, sono visibili
delle torri, torniere e cinque cisterne per il fabbisogno idrico della
popolazione e altri elementi minori quali balaustre, muri perimetrali, torri
angolari speronate..
Per quanto riguarda l’attuale
Cleto ignote ci sono le sue origini anche se la tradizione erudita del Barrio
riporta alla leggendaria Cleta, nutrice di pentesilea, regina delle Amazzoni
che, all’epoca in cui si combatteva la guerra di Troia, sarebbe approdata sulle
coste tirreniche calabresi per fondare un paese al quale avrebbe poi imposto il
suo nome. Altri ritengono, invece, che il mito di Cleta, genitrice di Kaulon,
vada ricondotto alla storia di Kaulonia. Non è escluso anche che sia stata una
delle prime famiglie feudali ad imporre il nome a questo paese . Dal sec. XII al
1862 si chiamò Pietramala dal nome della famiglia che ebbe ad infeudarlo, poi
Cleto. A 1239, Iacobus di pietramala; a 1269, Castri Pietramala; a 1310 Pietra
Mala.
Lodovico de Rojre e Guglielmo de
Foresta ( già castellano di Cosenza e possessore di Feroleto), entrambi capitani
di guerra, sono i castellani di Aiello e di Pietramala nel periodo intorno al
1270-.
Nel 1271 compare nel feudo di
Savuto una nobile famiglia napoletana, i Sersale di Sorrento i cui discendenti
nel corso dei secoli si stabilirono in vari centri meridionali. Si ha notizia
che in tale anno Bartolomeo sersale, già Vicerè d’Abruzzo fu investito del feudo
di Savuto; Dal 1425 Ajello passa sotto la proprietà di Giovanni Sersale,
proveniente dalla nobile famiglia di Sorrento. Re Alfonso I d’Arogona (1442)
conferma la stirpe dei Sersale; nel 1462 dei Marano; dal 1463 e sino al 1567
Ferdinando I d’Aragona conferì i feudi Ajello e Savuto al Viceré di Calabria,
benemerito Francisco (de) Siscar di Valencia nominandolo contemporaneamente
conte; dal 1567 al 1577 passa ai Cavalcanti; dal 1577 passa ai Cavallo di
Amantea che vi rimangono fino al 1606.
Nel 1591 Carlo d’Aquino aquista
il feudo di Savuto con le relative dipendenze sotto l’asta fiscale della Regia
Camera dopo ottenuto il regio exqo e l’apprezzo delle terre che si ordinarono al
tabulario napoletano Madotti dalla cui stima risultava che le terre avevano un
valore di ducati 26.000 compresi ducati 600 per parte burgensatica.Dal 1616 al
1806, subentrarono i Giannuzzi Savelli.Nel 1717 la parte di là del fiume Savuto
viene acquistata dalla casa Le Piane ed il territorio di Sanmango viene diviso
da quello di Savuto. I resti della muraglia perimetrale dell’imponente castello
medievale, sito sulla cima del monte S. Angelo testimoniano l’importanza di
questo poderoso edificio di origine normanna a pianta quadrangolare, eretto nel
XIII sec. Dai baroni di Pietramala. Subì consistenti rifacimenti nel corso del
‘500. Oltre ai resti delle aggiunte posticce volute dalle famiglie d’Aquino e
Giannuzzi Savelli, sono superstiti avanzati della cinta muraria, dei bastioni e
delle torrette; inoltre, ruderi delle due torri cilindriche di epoca medievale.
Nella frazione Savuto, nota nel 1524 come Castrum Sabatii, che sovrasta di poco
l’omonimo fiume, ben visibile anche dalla vallata opposta di San Mango d’Aquino
si notano avanzi di un castello feudale edificato sopra la roccia; in evidenza i
resti delle mura perimetrali e del portale in pietra del sec. XVI; su un muro,
vi è una iscrizione con dedica in lingua latina di Eliodora Sabbasia o Sambiase,
del sec. XVI:” Eliadora Sambiase, già giovane sposa unita al marito Ascanio
Aimone, offre templi a Dio, limpide acque ed orti verdeggianti alle ninfe ed al
castello di Savuto come albergo a chiunque ne abbia bisogno”.
Tornando al nome del paese, la
tradizione raccolta che inizialmente si chiamasse Pietramele e che un vescovo di
passaggio, ci si ruppe una gamba e volle che si mutasse in Pietramala.
Origini di Martirano
(ricerche a cura
del Geom. Francesco Torchia)
Testo tratto dal volume Martirano memorie storiche di Francesco Mendicino
Le origini di Martirano sono
spesso associate all'antica Mamertum, la leggendaria città bruzia che sorgeva in
zona montana, percorsa dal fiume Savuto, conosciuto in era romana con il nome di
Sabazio, alle pendici della Sila, meglio come Selva della pece, motivo per il
quale era detta anche Mamerzio nel significato d'altare di Marte, quale città
dedicata, appunto a Marte, divinità che era il simbolo della guerra e delle
dispute marziali. Episodi eroici dei combattenti abitanti di Martirano sono
ricordati durante la battaglia contro Pirro che marciava alla conquista di Roma,
al quale opposero una memorabile resistenza nella battaglia avvenuta nei pressi
di Decollatura, nel suo avanzare con al seguito gli elefanti nel tragitto e nel
territorio tra Nicastro e Martirano. Alla definitiva sconfitta di Pirro, Re
dell' Epiro, i romani formarono la federazione italica condizione che, e con
l'obbligo di provvedere al loro sostentamento, in ognuno di esse sostassero
postazioni militari, in un complessivo progetto di unificazione dell'intera
penisola italiana che era rafforzato dal programma di collegamento tramite una
rete viaria molto estesa diffusa e capillare le cosiddette vie consolari che
partivano da Roma fino a raggiungere anche il più remoto angolo del regno di
Roma. Cosi fu anche il Bruzio come era allora denominata la Calabria, con la
costruzione della Via Popilia che nel 132 a.c. partendo da Capua attraversava
Cosenza, passando da Martirano arrivava a Reggio Calabria, lungo il fiume
Savuto, al cui attraversamento si provvide alla costruzione del ponte ad unica
campata, in pietra, un'opera di alta ingegneria, ancora integro e perfettamente
visibile che ricade nel comune di Scigliano, fu detto di Annibale che lo
attraversò nel 202 a.c. e che provvide alcune necessarie opere di
ristrutturazione. A sud di Martirano oltre al passaggio della Via Romana fu
stabilita una stazione fluviale "ad Sabatum flumen", importante incrocio
commerciale e presidio militare che si rivelò in seguito strategico per il
passaggio obbligato delle truppe saracene che nel X secolo minacciavano le zone
interne della Calabria. Da qui la rete viaria conduceva al fiume amato "statio
ad turres" da dove alla volta di Vibona portava a Reggio Calabria. Gli
avvenimenti storici, conseguenti alla fine dell'impero romano d'occidente vide
l' Italia invasa da popolazione barbara calate dal nord Europa che si
insediarono formando il regno romano-barbaro, con il primo Odoacre Re che si
incoronò re d'Italia sostituendo il legittimo erede, allora regnante, Romolo
Augustolo. La situazione, divenuta un po’ più stabile con il re dei goti
Teodorico, alla cui corte vi era in qualità di segretario personale del re, il
ns. Cassiodoro, cambiò nel volgere di un breve arco di tempo. Nel 555 è l'età
bizantina a prelevare con l'occupazione del territorio calabrese tra Rossano e
da Amantea e Reggio Calabria, mentre i Longobardi nel 468 occuparono parte della
Calabria, tra cui Martirano con i Gastaldati di Cosenza e Cassano, tra la valle
del Crati e dal fiume Lao al Savuto. La Calabria Bizantina subi la radicale
trasformazione della cultura latina in quella orientale, di contro la parte
caduta in mano longobarda, tra cui Martirano, conservò il rito religioso e la
loro civiltà latina, in un alternarsi di lotte durate 500 anni. Nell'anno
mille, all'arrivo dei Normanni, con in testa Guglielmo, figlio primogenito di
Tancredi d'Altavilla, che nel 1044 si fermò nel castello di Stridola, che era
lungo la valle del Crati, si assiste al tentativo di unificare il Sud d'Italia.
A Guglielmo era successo il
fratello Drogone , nel 1047 chiamò in aiuto Roberto il Guiscardo, dando inizio
alla dominazione Normanno-Sveva che contribuì a recuperare la situazione
economica e sociale dei territori calabresi, ma nello stesso tempo alla
trasformazione politica dell'ordinamento istituzionale in quello feudale, le cui
tipiche espressioni furono la suddivisione del potere in quello dei marchesati,
dei ducati e delle contee. Con bolla papale di Stefano IX, il 24 marzo del 1058,
Roberto il Guiscardo istituì la diocesi di Martirano (La diocesi confinava con
quella di Cosenza, di Catanzaro e di Nicastro, nonché con quella di Tropea (-Nei
secoli seguenti, la Diocesi seguì e subì le alterne vicende delle dominazioni
straniere succedutesi e che esercitavano il loro potere non solo in campo
civile, ma, spesso, anche in quello religioso. Il 27 giugno 1818, con la bolla
"De utiliori" di Pio VII, la Diocesi di Martirano venne soppressa e aggregata a
quella di Nicastro, che acquistò, così, maggiore importanza non solo per
espansione territoriale, ma anche per l'aumentato numero del clero e dei fedeli
e per l'incorporazione di alcune case religiose, fra le quali la celebre Abbazia
di Corazzo, di cui fu Abate anche Gioacchino da Fiore). L'estensione
territoriale rimase inalterata nel tempo, anche se alle iniziali città e Casali
se ne aggiunsero altre, man mano che gli antichi piccoli nuclei andavano
popolandosi e se ne aggiungevano di nuovi. Fu il caso di centri, come
Decollatura, Pedivigliano, Soveria Mannelli, solo per citarne alcuni, che si
ingrandirono, aggregando, in alcuni casi, anche piccoli casali, fino ad
acquisire nel XIX secolo lo status di Comune autonomo) e durante la reggenza di
Ruggero II fu costruito l'imponente Castello-fortezza che dominava la valle del
savuto ed una lapide sul portale di accesso principale riportava l'anno di
edificazione del mese di aprile del 1113 nel tredicesimo anno di regno di
Ruggero, divenendo un capo saldo del sistema difensivo normanno realizzato in
quegli anni (l'originale di quella trascrizione era custodito nell'archivio
cittadini, e fu in seguito autenticata dal notaio Spina).Accesa fu la disputa
per l'eredità del regno alla morte di Ruggero II che sfociò in episodi in
accanita lotta tra Costanza che era la zia del figlio legittimo di Ruggero:
Guglielmo il buono e Tancredi che era figlio illegittimo di Ruggero II. Durante
una sanguinosa battaglia alle porte di Martirano le truppe di Tancredi furono
sconfitte e la contea di Martirano fu concessa a Enrico Kalà che era il
luogotenente di Enrico VI di Hoenstaufen marito di Costanza. A memoria di quell'
episodio per premiare la fedeltà degli abitanti di Martirano. l'accaduto fu
ricordato con una lapide posta sulla facciata del castello che fu potenziato
dalla costruzione di una torre nel 1197, il Kalà fu particolarmente generoso con
la città di Martirano e tra il 1205 e 1209, provvide infatti, a costituire
scuole pubbliche ed ospizi per i poveri fu generoso con la Curia Vescovile, alla
quale, tra i tanti privilegi concessi, donò il vallone cupo nel comune di
Conflenti. Nel 1226 anche l'erede di Enrico kalà di nome Enrico fece rifare la
Torre del Castello, fortificandola con oggetti di rame, di cui in' iscrizione ne
verifica il fatto. Durante le invasioni saraceni anche Martirano diede il suo
contributo divenendo centro di raccolta di armi e soldati e Federico II per
riconoscenza, potenziò il castello con un'altra torre e nel 1243 era ricordato
con la sistemazione di una targa marmorea sulla porta del castello. A Martirano
mori nel 1242 il figlio primogenito di Federico Arrigo che aveva ordito una
congiura contro il padre. A ricordare il triste evento, il Vescovo di Martirano
Giacomo Maria Tarsia pose a ricordo un'epigrafe nella chiesetta di S. Marco.
L'undici gennaio 1271, in territorio di Martirano, moriva la regina Isabella
d'Aragona, incinta di sei mesi, per una caduta da cavallo mentre attraversava un
affluente del Savuto, di ritorno dalle crociate con il marito Filippo denominato
l' Ardito, figlio del re di Francia San Luigi IX. Le spoglie mortali di Isabella
furono in parte sepolte nel Duomo di Cosenza ed altre traslate in Francia nella
Chiesa di San Dionigi. L' Europa medievale. tramontava per sempre con la morte
di Corradino, ultimo erede della dinastia Normanno-Sveva giustiziato da Carlo D'
Angiò il 29 ottobre del 1268.
Sono i secoli delle aspre contese
tra Angioini ed Aragonesi. Il vescovo di Martirano, Roberto, schierato a favore
della causa Angioina, fece parte della commissioni nominata da Carlo, figlio di
Carlo I, per esercitare il controllo sulle norme varate alla convocazione del
Parlamento in data 30 maggio 1283. Quell' incarico fruttò al vescovo di
Martirano, il feudo di Castel di Pietro, in Montecorvino.Il castello di
Martirano, in epoca angioina, divenne una prigione, dove erano rinchiusi i
nemici del re. Carlo lo Zoppo, nel 1329, arricchì di nuove opere il Castello ,
mentre nel 1402 Ladislao ne fece dono al cittadino Martirano Bernardo
Scaglioni, comandante supremo dell'esercito del re. Gli anni successivi, furono
segnati da tempi difficili e privi di risorse economiche. Nel 1442 sale a trono
Alfonso d'Aragona, al quale fa seguito Federico d' Aragona, fino all'occupazione
francese del 1501, terminata con l'arrivo degli spagnoli, alla testa di Consalvo
de Cordova, che occupò Martirano, nel 1494, per affermare un duraturo periodo di
permanenza fino al 1734. Nel 1496, Andrea de Gennaro, capitano di Federico d'
Aragona riceve dal suo Re la Contea di Martirano, un vasto territorio che
spaziava su tutta la valle del savuto e comprendeva conflenti, Motta Santa
Lucia, e Altilia Grimaldi. L'età feudale fu funesta per le condizioni di miseria
in cui versava l'intera popolazione, per lo più composta da contadini e
pastori, tiranneggiata da una folta schiera di seguaci del potente feudatario di
turno. L'oppressione da parte dei potenti portò il popolo nel 1512 ad una forte
ribellione che fu soffocata nel sangue con una feroce repressione, alla quale
presero parte truppe per 400 unità, ordinate dal Vicerè di Napoli che fece
arrestare i rivoltosi e mise a fuoco la città, era il 25 gennaio del 1515. La
figlia ed erede di Giovan Andrea De Gennaro e di Cornelia Marullo, va in sposa a
Giulio d’Aquino + 1859, Barone di Castiglione e Signore di Crucoli; Ettore
d’Aquino tutore dei nipoti ( figli di Giulio, Eleonora e Giovanni) e a nome del
nipote Cesare d’Aquino il 10 giugno 1561 compra la contea di Martorano;Il 1582
Cesare d’Aquino chiese a Filippo II di ritornare in possesso anche di altre
terre che erano state mal governate da Giovanni Andrea Di Gennaro. Il seicento
si conclude la dinastia dei d'Aquino. Il feudo per differenti passaggi e varie
successioni terminò con l' ultima feudataria Vincenzina Maria Pico e con le
nuove leggi di eversioni del feudalesimo, gran parte delle terre furono divise
tra i Comuni e il Demanio Regio.”
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