Giacinto Falsetti

Quel lontano 1941

Quel lontano 1941 fu l'anno in cui, non ancora ventenne, fui chiamato a prendere parte attiva in una guerra assurda e impari voluta dal fascismo, per ritornare dopo sei anni ferito nell'animo è nell'orgoglio. Viceversa fu per tanti miei compagni che, sopraffatti dal piombo e dal colera, furono sepolti come cani in una terra selvaggia, ardente e disperata dove neanche l'anima riesce a riposare in pace.
Il nemico da combattere aveva la parte del leone perché, non solo ci superava in uomini e mezzi, era ben preparato contro le insidie del deserto che sono tante.
Americani, Inglesi, Francesi, fin dall'inizio, hanno stretto attorno a noi una morsa a ferro di cavallo senza speranza per noi di vincita o di scampo. Tutti e tre alleati disponevano di truppe di colore barbaramente addestrate che, con l'aggiunta di whisky e droga, lottavano senza amore e senza onore.
Finalmente, dopo tanti morti e tanti guai, si parlò di resa, ma nessuno si illuse perché tutti sapevamo quale sorte ci attendeva nei campi di concentramento, dove l'uomo vinto e inerme paga a caro prezzo la libertà perduta. Così fu per circa 600 mila uomini la mattina del 12 maggio 1943 vinti e a testa bassa si consegnarono al vincitore.
Furono quaranta mesi d'inferno e d'infamia che, con l'aggiunta di fame, sete e tifo aggiunsero tante altre vittime alle prime. Chi ha scritto questo triste diario è un sopravvissuto del campo di concentramento n° 16 col n° 38844 di matricola, posto su di una piccola altura nelle vicinanze della città di Tunisi in Africa del Nord, che più volte ha sfiorato l'orlo della disperazione e la pazzia.
Tengo a precisare che questo campo n° 1 6 era di dominio francese, ma la custodia fu affidata a gente di colore col cuore e l'anima nera come nero era il colore della loro pelle.
Giacinto Falsetti
ANNO 1943

 

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