San Mango d'Aquino: il Nome
(di Armando Orlando)
Ormai non ci sono più dubbi: il primo nome del paese è stato Muricello. La
denominazione è riportata in tutte le fonti classiche, ma trova riscontro in
altri importanti documenti. Il Cabreo del Baliaggio di Sant’Eufemia del Sovrano
Ordine di Malta, redatto nel 1624 dal notaio Francesco Antonio Sacchetella di
Napoli, nelle pagine dedicate a Nocera parla di “uno territorio seu ghiandaggio
in diverse partite, justa lo fiume dello Moricello, la via pubblica, le terre
della mensa episcopale”. Nel volume VIII del Regesto Vaticano di padre Francesco
Russo troviamo un’annotazione, fatta a Roma in Santa Maria Maggiore il 15 marzo
1667, nella quale si dice testualmente: Nicola Origio, decano della chiesa di
Martorano e arcidiacono della chiesa di Nicastro dà l’incarico ad Antonio
Sbagnes, presbitero di Nicastro, per provvedere al beneficio di San Tommaso
d’Aquino nella chiesa parrocchiale di San Mango o Muricello, in diocesi di
Tropea, sotto il patronato della famiglia d’Aquino, il cui frutto è di 30
ducati. Inoltre, in una delle memorie difensive redatte nei primi anni
dell’Ottocento per contrastare l’usurpazione dei terreni demaniali da parte di
ricchi proprietari della zona, troviamo scritto: Savuto resta là dove un ramo
degli Appennini signoreggia il Golfo di S. Eufemia. Quivi in povera sterile
terra sorgean pochi abitatori che l’orgoglio feudale volle fare suoi vassalli.
Ecco l’origine di San Mango, da prima chiamato Muricello dal nome della contrada
dove surse... L’atto di erezione della Parrocchia, datato 21 novembre 1648 e
conservato presso l’archivio diocesano di Tropea, parla di “Sancti Manghi seu
Casali novo”. Già in quella sede, dunque, il principe Luigi d’Aquino, succeduto
al padre nella conduzione del Feudo di Savuto, ha voluto indicare con il nome di
“San Mango” il centro abitato in via di formazione sulle terre a sinistra del
fiume. Perché “San Mango”? La risposta è a portata di mano. Luigi d’Aquino aveva
appena ereditato dal padre Tommaso il feudo di San Mango nel Cilento , sul quale
era incardinato il titolo di Principato, e quando nel 1678 il feudo del Cilento
è venduto a Francesco Sanfelice, i d’Aquino trattengono il titolo di “Principe
di Santo Mango” e trasferiscono il privilegio sul loro nuovo paese della
Calabria. Quest’abitudine non era nuova in Casa d’Aquino. Quando Giacomo
Battista d’Aquino vende il feudo di Crucoli a Jacopo Amalfitani, patrizio di
Crotone, per mantenere il titolo di Principe concesso con privilegio del 1635
ottiene che la sua terra di San Giacomo, in Terra d’Otranto, cambiasse il nome
in Crucoli. La denominazione “San Mango” era molto diffusa, all’epoca, e su
molti centri che portavano quel nome avevano dominato proprio i d’Aquino: Colle
San Magno era stata addirittura fondata dalla famiglia; San Mango Piemonte, nel
XIII secolo, era stato il feudo di un ramo cadetto, i Santomango, diventati una
delle più potenti famiglie del Principato di Salerno; San Mango sul Calore era
stata infeudata ai Gesualdo, Filangieri e Caracciolo, famiglie imparentate con i
d’Aquino stessi. E’ dai registri parrocchiali, comunque, che si deduce
l’evoluzione del nome col quale è stato identificato di volta in volta il nuovo
centro abitato. E più in particolare, dalle ricevute apposte sui libri dai
Legati e dai Procuratori vescovili all’atto della riscossione dei tributi,
pagati dalla parrocchia e dalle altre chiese, a favore della Curia. La ricevuta
più antica risale al 5 maggio 1654 , però essa riporta solo il nome del
sacerdote, senza riferimenti al centro abitato che era, all’epoca, in via di
formazione perché gli abitanti avevano ricevuto da pochi anni i Capitoli
sottoscritti dal principe d’Aquino alla presenza del notaio Francesco Piccolo di
Nicastro. E’ nel 1656 che troviamo don Matteo Capilupo “cappellano del Casale
novo”. Nel 1659 troviamo scritto “rettore di Casale novo” e poi, il 4 ottobre
1660, “curato di Casal nuovo”. Nel 1668 appare per la prima volta la
denominazione attuale del paese: “Casale novo alias Santo Mango”, e poi “Casale
di Santo Mango”. Nel settembre del 1669 il parroco Capilupo muore, ed il 20
ottobre dello stesso anno Giuseppe di Piro, procuratore della mensa Vescovile di
Tropea, riscuote 34 carlini da Giuseppe Capilupo erede. Il 12 maggio 1670 il
nuovo prete, don Giuseppe Perri, è chiamato “curato del Casale di Santo Mango”.
Nel 1672 don Giuseppe è ancora “parroco del Casale di Santo Mango”, mentre il 14
maggio 1679 è la volta di don Giovanni Castagnaro “parroco della Terra di Santo
Mango”. Diverso è il discorso per quanto riguarda i documenti civili e militari.
La prima mappa cartografica della Calabria, eseguita dal Parisio nel 1592 a
corredo del volume di Gabriele Barrio, segnala tutti i paesi che orbitano
attorno a San Mango: Castiglione, Nocera, Martirano, Pietramala, Aiello,
Grimaldi e Savuto. Nessun riferimento, ovviamente, al nome di San Mango, perché
all’epoca esistevano sul territorio poche case sparse ed il centro abitato non
era ancora in formazione. Nelle carte successive, a partire da quella del 1692
firmata da Francesco Cassiano de Silva, il nostro paese è identificato con il
nome di “Savuto”, mentre l’attuale centro storico di Savuto è identificato con
il nome di “Pietra piana”. Sulle carte geografiche l’identificazione di San
Mango con il nome di “Savuto” è destinata a durare per tutto il Settecento. In
alcune carte del 1783, così come in quelle rettificate dall’ingegnere militare
Luigi Ruel nel 1786, comincia ad apparire “Falerna”, centro sorto quasi
contemporaneamente a San Mango, ma quest’ultimo abitato continua ad essere
chiamato “Savuto”. Le fonti classiche, invece, utilizzano una terminologia più
appropriata, e così troviamo padre Fiore da Cropani nel 1691 che scrive di
“Santo Mango, villaggio detto prima Muricello”, Giovan Battista Pacichelli nel
1703 che scrive di “Santo Mango, Terra de’ Principi di Castiglione, da’ quali fu
edificata da’ fondamenti, e in essa raccolte tutte le genti sparse in molti
villaggi del territorio di Savuto”, di Tommaso Aceti nel 1737 che scrive di
“Mango, una volta Muricello, comunemente S. Mango”, e di Lorenzo Giustiniani nel
1797 che scrive di “Casal di Sanmango in Calabria Citra”. In una relazione di
due religiosi francesi dell’Ordine di Malta, intorno al 1760, il territorio è
indicato come “Terra di Sammango Feudo del Principe di Castiglione”. Sulle carte
la denominazione attuale appare sotto i Francesi ed è riportata nell’Atlante
Geografico del Regno di Napoli pubblicato nel 1812. In detto atlante il paese
viene indicato per la prima volta come “Casale Novo di Sammango”. Nella carta
della Calabria Ultra Seconda, redatta dopo la nuova divisione amministrativa
operata dai Borbone a seguito della legge del 1816, il paese è trasferito dalla
provincia di Cosenza a quella di Catanzaro e viene chiamato definitivamente “Sammango”,
mentre il nome di “Savuto” viene attribuito giustamente al centro storico
ubicato alla destra del fiume. E’ reso così evidente, anche dal punto di vista
geografico, il distacco del territorio di San Mango dal feudo di Savuto. Un
distacco avvenuto formalmente nel 1716, quando la famiglia d’Aquino abbandona le
terre oltre il fiume e vende Savuto con il castello al barone Le Piane. Pur
rimanendo sotto la giurisdizione feudale, San Mango diventa allora un villaggio
autonomo ed acquisisce lo status di Università, con il “parlamento” che viene
convocato nella piazza antistante la chiesa parrocchiale per eleggere i sindaci
ed i membri del Decurionato. La nuova condizione viene suggellata dall’arrivo e
dalla benedizione della statua di S. Tommaso d’Aquino, sabato 6 marzo 1717, alla
presenza del Vicario Foraneo appositamente delegato dal vescovo di Tropea, e
dalla solenne processione del giorno dopo. Ai piedi del simulacro, ancora oggi,
si possono leggere le parole: “Universitas Sancti Manghi””. Dopo l’Unità
d’Italia, al nome del paese viene aggiunta la parola “d’Aquino” per distinguere
il Comune dagli altri San Mango che la monarchia dei Savoia si trova ad
amministrare nelle altre province del Regno.
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